Andrea Pozzo e i suoi segreti viaggio nella stagione "preromana" - Repubblica.it

Andrea Pozzo e i suoi segreti
viaggio nella stagione "preromana"

La prima architettura dipinta di grandi dimensioni e la prima cupola dipinta di "fratel Pozzo" fu in Piemonte, a Mondovì, nella chiesa della "Missione" che ora è stata completamente restaurata. Un intervento di sei anni e tre milioni di euro. I visitatori possono salire sul ponteggio fino a 17 metri di altezza, quasi a toccare la cupola in prospettiva con la salita di San Francesco Saverio verso il cielo aperto. Anche le dita usate per il volto in rilievo e i raggi del santo

di GOFFREDO SILVESTRI

MONDOVI' - Il capolavoro più noto di Andrea Pozzo, il maestro dell'illusionismo architettonico barocco europeo, è la "cupola piatta" di Sant'Ignazio a Roma che è una "cupola" dipinta sulla tela. "Fratel Pozzo", il fratello laico gesuita, la portò a termine nell'autunno 1685. Ma otto anni prima, nel 1677-1678, quando aveva 35 anni, Andrea Pozzo si sottopose ad una "prova generale" di illusionismo dipinto molto più estesa. In Piemonte, a Mondovì, nella chiesa di San Francesco Saverio che dopo la soppressione dei gesuiti nel 1773 sostituiti dai missionari di San Vincenzo dè Paoli, viene indicata come la "Missione".
Qui l'architettura dipinta di Andrea coinvolge, in una inventiva senza soste, in scene affollatissime, l'intera volta dell'unica navata, dalla controfacciata al catino dell'abside, in cinque porzioni separate da arconi decorati. Dominatore della prospettiva e pittore. Con l'immagine di Francesco Saverio in cotta bianca sull'altar maggiore e il busto di Sant'Ignazio sulla controfacciata. E con dimostrazione dell'altra specialità per cui Andrea è già famoso, quella degli "apparati effimeri". L'altar maggiore è una "macchina" che impressiona con colonne di una breccia color sangue, in origine con carrucole che fanno salire e scendere le scene, ma tutto è tela dipinta, anche le colonne.

LE IMMAGINI 1

L'intervento sull'intera chiesa della Missione, dal pavimento al restauro delle volte dipinte dalla tavolozza chiara, luminosa, al ripristino della finitura seicentesca delle pareti, al restauro degli stucchi, rilievi, parti lignee, dell'altar maggiore e dei due altari laterali, è cominciato nel 2004. Certamente è la più importante e impegnativa delle celebrazioni per il terzo centenario della morte di Andrea Pozzo che nell'assolvere i mille impegni voluti dai gesuiti e dai potenti ai quali i gesuiti non potevano dire di no, morì a Vienna a 67 anni, il 31 agosto 1709, al servizio dell'imperatore Giuseppe I. Un intervento (costo tre milioni di euro) che è stato reso possibile solo grazie alla Fondazione della cassa di risparmio di Cuneo.
Sotto il titolo generale de "Il trionfo dell'illusione", Andrea Pozzo è stato celebrato prima a Trento, la città natale, con la mostra che ha fatto scoprire l'Andrea Pozzo pittore 2. Poi a Roma, all'Istituto nazionale della grafica, col celebre trattato sulla prospettiva e le ritrovate matrici originali 3 delle illustrazioni (vai al servizio).

Il programma di recupero della chiesa seicentesca, opera di Giovenale Boetto, con la potentissima presenza di Andrea Pozzo, promosso e condotto dalla Fondazione della cassa di risparmio di Cuneo è stato coordinato dalle soprintendenze (Laura Moro e Walter Canavesio rispettivamente dei Beni architettonici-paesaggistici e del patrimonio storico-artistico). Progettista e direttore dei lavori l'architetto Pierpaolo Falcone. Le indispensabili indagini sono del Politecnico di Milano e dell'Università di Torino. Particolare il rapporto col Getty Conservation Institute che da sei anni coordina un progetto internazionale per migliorare le tecnologie di restauro delle pitture su muro con l'individuazione di materiali organici, leganti o coloranti, che hanno la cattiva abitudine di sciogliersi con l'acqua, e che sono difficili da "stanare" in questo tipo di opere. Indagine di importanza crescente perché si è scoperto che i materiali organici sono usati nelle pitture murali in modo "molto più frequente" di quanto si pensasse. E la pittura di Andrea Pozzo è ricca di materiali organici usati in "sfumature, velature di colore, e puri per abbassare il tono della pittura" che sono stati conservati.

A Mondovì è l'esperienza più coinvolgente per i visitatori perché possono salire fino a 17 metri di altezza, fino a toccare (ma è vietato) i dipinti della parte centrale, la parte più animata della volta. Qui Pozzo dipinge il tamburo a pianta ottagona di una cupola aperta, con rosse colonne su mensoloni (le stesse vere colonne della navata), balconcini come palchi teatrali. E dal "fuoco" di questa architettura fa ripartire ancora più in alto nella prospettiva la scena madre, l'ascesa di Francesco Saverio verso il cielo, accompagnato da una orchestra di angeli musicanti con l'angelo alle prese con lo strumento più ingombrante, un violoncello, che ha tutta l'aria di essere seduto sgambettante sul cornicione dell'attico.
Il cantiere-evento comincia con una "visita guidata" per conoscere i gesuiti a Mondovì e Andrea Pozzo a Mondovì. Prosegue con la "visita multimediale" nella cosiddetta cappella invernale nella quale viene illustrata la poetica gesuitica per la quale la creatività artistica è sinonimo di spiritualità e mezzo di evangelizzazione. Francesco Saverio viene considerato "probabilmente il più grande missionario della storia". Dopo la visita virtuale quella reale all'altar maggiore restaurato.

E poi la salita per mezzo di una scala metallica (oltre cento gradini) che attraversa i piani di lavoro dei restauratori per giungere al percorso in quota: un anello lungo il cornicione della navata all'altezza di 14 metri da cui si accede ad un terrazzino posto ai 17 metri da cui si potrebbero toccare i dipinti di Andrea Pozzo. Il punto più elevato della volta è a 21 metri dal pavimento.
Durante la salita si possono intravedere i restauratori che per ragioni di sicurezza sono separati da un telo antipolvere. Sempre per sicurezza la salita è limitata a 25 persone alla volta. Non c'è ascensore per i disabili per ragioni di costo. Il cantiere-evento è stato prorogato al 30 maggio per cogliere l'opportunità della ostensione della Sindone. Ma bisogna far scoprire Mondovì.

La spettacolare pittura illusionistica di Andrea Pozzo sulla volta (che sviluppa circa 600 metri quadrati), la sua prima grande opera conosciuta e la prima opera su muro, ha rivelato un aspetto eccezionale, forse unico. In quasi tre secoli e mezzo i dipinti fino al livello del cornicione finale delle pareti, non sono mai stati toccati da precedenti interventi, mai restaurati. Un aspetto tanto più eccezionale per un'opera di simile importanza ed estensione. Studiosi e restauratori hanno dovuto affrontare solo la materia pittorica originale di Andrea Pozzo, colori, leganti, tecnica usata. In tutti i restauri moderni la maggiore difficoltà è data dagli interventi precedenti, condotti con la mentalità, le tecniche, i materiali, le conoscenze dell'epoca che per esempio hanno provocato la perdita delle parti a secco nelle pitture murali. "Solo il tempo e le normali vicissitudini storiche avevano creato situazioni di degrado in diverse zone della volta ma l'opera era rimasta nel suo complesso totalmente originale" osserva Mariano Cristellotti, che ha diretto l'équipe dei restauratori.

Viceversa le superfici originali "a marmorino" delle pareti, opera dello stuccatore Marco Mutis, sono state ricoperte da "spessi strati di colore" e individuate grazie ai documenti, alle analisi chimiche e alle indagini stratigrafiche. Si è scoperto che pareti, fregio e statue sono state generosamente ridipinte e stuccate alla fine dell'Ottocento. Per un mutato gusto liturgico-estetico che voleva una chiesa "cupa e priva di luminosità" per facilitare raccoglimento, meditazione. Da questo "restyling" si sono salvate le colonne in finto marmo della navata realizzate sempre da Mutis in "vischio di Francia" (una breccia che sembra macchiata di sangue rappreso).
Pareti, fregio e statue sono state riportate come Andrea Pozzo le aveva volute. Con bisturi e micro sabbiatura è stata ripristinata la "delicata e sobria decorazione originaria". Sono stati asportati tutti gli strati aggiunti salvaguardando la "sottilissima pellicola pittorica di finitura color ocra chiarissima che gli stuccatori avevano steso" per "raccordare cromaticamente i toni chiari delle finte architetture della volta e le pareti". Andrea voleva infatti stabilire "una continuità apparente fra spazio reale e spazio dipinto, in un'unica illusione" generale.

Con un maestro di illusioni come Andrea Pozzo è meglio affidarsi a chi ha dovuto "sciogliere" queste illusioni, al progettista e direttore dei lavori Pierpaolo Falcone. A cominciare dal tipo dei dipinti su muro: "buon fresco", applicazioni a secco, in che proporzioni?

"Una pittura mista in cui le parti a secco sono decisamente in maggioranza. Le analisi hanno confermato la presenza di leganti di origine organica e inorganica utilizzati nella pittura a secco di Pozzo. Sono applicazioni non limitate a soggetti particolari ma diffuse in tutta la rappresentazione".

Quale stato di conservazione considerando la grandissima fortuna di essere stato il primo intervento in assoluto?
I dipinti della volta centrale, del catino absidale e delle aree centrali delle piccole porzioni di volta ad eccezione di quella posta prima della zona absidale, gravemente danneggiata dal sisma che ha colpito Mondovì nel 1887, sono giunti in buono stato di conservazione. Il restauro è consistito in pulitura, micro consolidamenti di pellicola pittorica nelle aree in cui manifestava sfarinamenti e distacchi, consolidamenti delle diffuse dorature, limitati ripristini pittorici. Molto degradate tutte le aree poste ai bordi delle volte, dove anni di percolamenti di acqua piovana dai tetti avevano causato distacchi di intonaco, lacune e depositi salini di elevata consistenza. Ma anche in queste zone sono state recuperate e consolidare aree in cui la decorazione, del tutto ricoperta da incrostazioni saline, sembrava irrimediabilmente persa.

L'architettura dipinta di Andrea Pozzo ha corretto difetti dell'architettura reale?
Più che difetti dell'architettura reale, l'architettura dipinta di Pozzo è partita dall'architettura reale fatta di pareti, lesene, colonne, e su di essa ha costruito un apparato prospettico che attraverso ulteriori ordini di colonne, balaustre, terrazzini ed arcate culmina nella volta celeste. Certamente questa continuità fra reale ed artificiale necessita di accorgimenti che tendono, per esempio, ad affievolire le zone di incrocio fra muri e volte (le testate delle volte trasversali sono state raccordate alle murature con riporti di intonaco), oppure che riducono i punti critici. Pozzo disegna una cornice dorata lungo la zona di imposta della volta centrale, per risolvere l'incontro delle pareti con una volta a disegno ottagonale. Oppure colloca un drappo verde nel catino absidale per mascherare e risolvere l'incrocio della sua architettura dipinta con le pareti.

E i problemi di raccordo con gli elementi reali?
Il disegno di architetture prospettiche su superfici di qualunque natura (piane, curve) comporta sempre problemi nelle parti di raccordo con cornici, pilastri, pareti. Oltre agli accorgimenti di cui ho appena detto, ci sono gli espedienti per una compenetrazione non solo fra le parti architettoniche, ma anche fra gli stessi elementi decorativi: spesso, per dare ulteriore profondità alle scene, gli angeli e i putti sono dipinti in posture particolari, con i piedi, che sporgono da nuvole o balaustre, quasi penzolanti verso il vuoto. Per accentuare l'importanza di figure centrali Pozzo utilizza tutto quanto ha a disposizione per dare plasticità alla figura, anche le dita.

Anche le dita?

Il disegno del volto di Francesco Saverio portato in cielo dagli angeli, scena centrale della volta, non è sullo stesso piano del resto della raffigurazione, ma in rilievo: il volto è contornato da una sorta di raggi luminosi che sono quasi incavati, in una sorta di bassorilievo che contribuisce a dare maggiore risalto e forza espressiva. La modellazione di questi raggi è eseguita con le dita: Andrea Pozzo non gioca solo con i colori ma anche con l'aspetto "materico".

Adottava accorgimenti particolari?
Gli accorgimenti principali sono quelli legati alla natura della rappresentazione. La stessa costruzione prospettica è estesa alle figure, che sono disegnate in modo altamente distorto su di una superficie qualsiasi per essere viste perfettamente realistiche da una serie di punti di vista definiti.
Vista da vicino questa sua capacità è strabiliante: facce e figure di personaggi che appaiono grotteschi e distorti, elementi architettonici come colonne disegnate curve e panciute, eccetera.
Importante il gioco di luci ed ombre sempre presente e trattato con una tale perizia da trarre in inganno chiunque. Quando eravamo sui ponteggi per eseguire i puntamenti del sistema di illuminazione della volta, mi avvicino ad un elettricista quasi disperato: " Ho già spostato tutti i faretti di quella zona, ma quell'ombra non riesco proprio a toglierla!". Era un'ombra dipinta!

Usava cartoni ripetitivi per i personaggi?
Non penso: tutti sembrano eseguiti ad hoc, con tratto più o meno deciso in funzione della loro importanza e posizione nella scena. Sono visibili inoltre correzioni e ripensamenti, tratti a matita e correzioni che confermano questa tesi. Sono invece stati eseguiti a spolvero (quindi con utilizzo di modelli) gli elementi decorativi ricorrenti, per esempio dei sottarchi.

Usava materiali particolari?
Utilizzava i materiali disponibili all'epoca. Sicuramente tutti gli strumenti a sua disposizione (anche le dita come detto), e soprattutto non veniva sprecato niente. Per le ombre e la quasi impercettibile velatura che ricopre le parti architettoniche disegnate, veniva utilizzata poco più che "acqua sporca" dal lavaggio dei pennelli. Tutte le parti non a vista, come alcuni bordi dei sottarchi, le zone immediatamente sopra il cornicione o sopra gli elementi aggettanti, erano lasciati al rustico, appena ricoperte da intonaco grezzo.

Si è scoperto come Andrea Pozzo passava dal reticolo dei disegni alla enorme dimensione della volta da dipingere in prospettiva?
Per la costruzione Pozzo proiettava un reticolo prospettico piano sulle superfici curve utilizzando fili tesi fra il punto di vista dell'osservatore e la volta. Il reticolo presente sulla volta (inciso presumibilmente con un chiodo), nell'incrocio delle linee, mostra la presenza di fori utilizzati per fissare cordicelle. Ad una proiezione delle parti principali faceva seguito la costruzione degli elementi secondari, per esempio colonne, basamenti e capitelli, eseguita incidendo l'intonaco con il compasso. Sono presenti ancora chiodi e tracce di cordini utilizzati per le proiezioni. Sembra quindi che il metodo enunciato dal Pozzo nel suo trattato per proiettare un reticolo su superfici voltate o pareti, che prevedeva l'utilizzo di una forte luce (fiaccole) in grado di proiettare l'ombra di un reticolo piano sulle superfici voltate, sia solo un espediente "scolastico" per spiegare il concetto.

Avete trovato cali di qualità? In una impresa di simili dimensioni deve essersi fatto aiutare da allievi.
Senza dubbio è stato aiutato da due pittori ed un aiutante cui faceva eseguire le parti maggiormente ripetitive e meno importanti. Nella decorazione ai bordi del finestrone della controfacciata si nota un calo di qualità dovuto probabilmente ad un rifacimento delle strombature voluto dallo stesso Pozzo, ed eseguito forse con fretta in fase finale.

? una pittura sintetica, come quella che deve essere osservata da una ventina di metri di distanza?

Pozzo non ha mai perso di vista l'esito finale della sua opera. La rappresentazione doveva essere vista dal basso a una ventina di metri; da quella distanza l'occhio e l'attenzione si concentrano su determinati particolari e sono influenzati da specifici fattori, quali luci, ombre, ecc, che ha adattato sapientemente al suo fine: la celebrazione della salita in cielo di San Francesco Saverio e la divulgazione dell'opera evangelizzatrice dei gesuiti nel mondo.

L'altar maggiore deve essere uno spettacolo a parte.
La "macchina" d'altare è costituta da un'ossatura lignea principale a sostegno di telai minori che sorreggono le tele dipinte con pigmenti legati ad olio, senza strato di preparazione. La povertà dei materiali e dei sistemi di giunzione, unita alle vicende dell'opera, smantellata e ricostruita più volte, hanno determinato un restauro particolarmente impegnativo. La "macchina" è composta da due ordini di teleri messi a distanza di circa un metro in cui venivano fatte salire e scendere le figure dei santi, insieme ad altri elementi, per mezzo di carrucole i cui attacchi sono ancora in cima alla struttura lignea. E nel sottotetto, in un foro sopra la "macchina", è stato trovato un elemento cilindrico che serviva ad avvolgere una corda.

E' stato ricomposto anche il pavimento. Andrea Pozzo era solito indicare sul pavimento il punto di vista privilegiato per ammirare le sue architetture dipinte. Lo ha fatto a Mondovì ?

Il pavimento della navata è stato riproposto sulla base delle notizie storiche dalle quali non si ricava se i punti di vista dell'architettura dipinta erano riportati sul pavimento, quindi si è scelto di non inserire elementi dubbi. Alla "Missione" non possiamo parlare di un solo punto di vista ideale. Il punto di vista principale per cupola dipinta e catino absidale è posto dopo la bussola di ingresso, a livello dei primi due coretti. Per le due piccole porzioni di volta ed ancora il catino absidale, è al centro della navata, sotto la cupola. Per la porzione di volta del presbiterio, nel presbiterio stesso, poco dopo la balaustra. La pavimentazione è di marmi e pietre delle stesse caratteristiche dei preesistenti, irreperibili per la chiusura delle cave. Di tre colori. Un bianco con sfumature dal grigio al verde molto simile ad una pietra del pavimento originario. Un rosso con venature sul marrone (alabastro) ed una pietra grigio-nero. Il presbiterio ha un pavimento alla veneziana (seminato di graniglia), che ha la data 1877, sempre con i colori rosso, bianco e scuro.

Notizie utili - Cantiere-evento della chiesa della "Missione" dipinta in prospettiva da Andrea Pozzo. Mondovì, Piazza Maggiore. Dal 20 dicembre 2009 prorogata al 30 maggio. Promosso e condotto dalla Fondazione della cassa di risparmio di Cuneo. Coordinato dalle soprintendenze dei Beni architettonici-paesaggistici e del patrimonio storico-artistico. Progettista e direttore dei lavori architetto Pierpaolo Falcone.

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